Il Natale è una festa cristiana?


Per la maggior parte della gente, chiedersi se il Natale sia una festa cristiana, è privo di senso. Che ci potrebbe essere di più cristiano del Natale? Non è forse il compleanno di Gesù? Eppure molti cristiani si sentono sempre più a disagio con le celebrazioni natalizie. Quando vedono tutti i baccanali che avvengono intorno alle festività natalizie, essi non possono evitare di domandarsi se non vi sia qualcosa di sbagliato in tutto questo. Così continuano a chiedersi: “Non è forse il Natale il compleanno di Gesù? Il mondo ha corrotto il vero senso del Natale, ma si tratta pur sempre di una “festa bellissima”, e così anno dopo anno essi lottano per “restituire il Natale a Gesù”.
Quanto affermo, per alcuni potrà essere scioccante, ma dopo aver ora per molti anni ben riflettuto sulla questione e fatto ricerche nella Bibbia e nella storia della Chiesa, sono giunto alla conclusione che non v’è nulla di cristiano nel Natale, che sia come viene ora celebrato, come pure nell’origine di questa festa, il Natale non è che fondamentalmente ed essenzialmente pagano. Se questo pensiero per voi è nuovo e sorprendente, vi invito a considerare la possibilità che il Natale sia per voi un angolo oscuro che debba essere riesplorato mettendolo in luce.
Non intendo dire che tutto il romanticismo dello “spirito natalizio” mi lasci del tutto indifferente. Certo c’è un fascino particolare in questa festività: il pensiero delle riunioni di famiglia, le canzoni e le melodie natalizie tradizionali, le città illuminate di luci multicolori, le strade ed i negozi piene di gente che acquista regali…Nessuno che abbia del sentimento può sfuggire al fascino dello spirito natalizio. Anche il cinico più indurito non può evitare quei sentimenti che inducono ad “essere buoni” e a rinvangare la nostalgia della fanciullezza anche solo per pochi giorni.
Ho provato quell’approccio che ci fa dire: “restituiamo il Natale a Gesù”, ma mi sono convinto sempre di più che sia Cristo a non voler essere “restituito” al Natale. Se parliamo contro la commercializzazione del Natale e cerchiamo di mettere in rilievo “il vero significato del Natale”, la maggior parte certamente sarebbe d’accordo. La gente è cosciente che a Natale spesso si eccede in senso materialistico, e gradisce sermoni sul “vero” significato del Natale. Mi chiedo però: “Qual è il vero significato del Natale?”. Quando giungi proprio alla sua essenza, che cos’è il Natale? Da dove è venuta questa festa? Com’è sorta? Che cosa rappresenta ora per la gente? La vera questione riguarda la natura stessa di questa istituzione.
Credo che sareste scioccati se vi metteste a sondare realisticamente l’istituzione del Natale. Quello che vi chiedo è di mettere da parte pregiudizi e preferenze culturali, e di affrontare la questione con mente aperta. Certo è difficile farlo. Siamo così sommersi da un secolo di tradizioni e di nostalgie, che è quasi impossibile per qualcuno considerare oggettivamente la faccenda. Vi chiedo di mettere da parte le vostre idee preconcette, almeno temporaneamente e considerare onestamente questa istituzione che chiamiamo Natale. Francamente l’intenzione di questo articolo è quella di mettervi in questione, di farvi pensare, di fare si che si produca in voi un cambiamento nel vostro comportamento se si trovasse il Natale non conforme alla verità dell’Evangelo.
  
1. L’origine delle festività natalizie
Sol Invictus
Qual è l’origine del Natale? Come iniziarono le feste natalizie? Al principio si trattava di una festa pagana oppure cristiana? Non c’è indicazione alcuna nel Nuovo Testamento che i primi cristiani celebrassero il Natale. Può essere dimostrato dalla storia della Chiesa che, probabilmente per i primi 300 anni dopo la nascita di Cristo, i cristiani non sapessero nulla delle feste natalizie. Fu soltanto quando la Chiesa cominciò ad allontanarsi dalla dottrina e dalla pratica apostolica ed a corrompersi sempre di più che iniziano le celebrazioni natalizie.
Da dov’è venuto allora il Natale? Da dove ha preso le idee e le usanze associate oggi al Natale la Chiesa in fase di allontanamento dalle sue origini? La fonte della maggior parte delle forme basilari di paganesimo nel mondo antico può essere fatta risalire ai “misteri” babilonesi. Tutte le culture antiche: Egitto, Grecia, Roma, e persino India e Cina, avevano credenze, tradizioni, pratiche dei e dee collegate in qualche modo a quelle di Babilonia. I nomi usati erano diversi, e furono aggiunte ad esse diverse modifiche, fondamentalmente, però, le religioni antiche erano collegate e trovano la loro “forma più pura” a Babilonia. Nell’Antico Testamento Babilonia è considerata l’incarnazione di tutto ciò che è empio e perverso. La più grossa vergogna sofferta dal popolo di Dio a causa dei loro peccati fu quella di essere portata forzosamente in esilio nel cuore stesso del mondo pagano.
Nel Nuovo Testamento Babilonia diventa tutto ciò che da quel tempo incarna le credenze e le pratiche pagane dell’antica Babilonia, e difatti viene considerata come il nemico n° uno del popolo di Dio. Essa viene descritta così: “Poi uno dei sette angeli che avevano le sette coppe venne e mi disse: “Vieni, io ti mostrerò il giudizio della grande meretrice, che siede sopra molte acque, con la quale hanno fornicato i re della terra, e gli abitanti della terra sono stati inebriati col vino della sua fornicazione”. Quindi egli mi trasportò in spirito in un deserto, e vidi una donna che sedeva sopra una bestia di colore scarlatto, piena di nomi di bestemmia e che aveva sette teste e dieci corna. La donna era vestita di porpora e di scarlatto, era tutta adorna d’oro, di pietre preziose e di perle, e aveva in mano una coppa d’oro piena di abominazioni e delle immondezze della sua fornicazione. Sulla sua fronte era scritto un nome: “Mistero, Babilonia la grande, la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra”. E vidi la donna ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. E, quando la vidi, mi meravigliai di grande meraviglia” (Ap. 17:1-6).
Qual era l’atteggiamento del popolo di Dio verso questa “Babilonia” dei loro tempi?“:“Uscite da essa, o popolo mio, affinché non abbiate parte ai suoi peccati e non vi venga addosso alcuna delle sue piaghe” (Ap. 18:4). Naturalmente essi non potevano separarsene fisicamente per cui l’appello era per una separazione spirituale dai suoi atteggiamenti e pratiche. Però, il popolo di Dio aveva ben udito questi ammonimenti tanto da separarsi da Babilonia? No, anzi, fecero proprio l’opposto. Fecero dei compromessi con essa e si contaminarono corrompendo sé stessi. Nell’anno 313 a. D. l’imperatore romano Costantino affermò di essersi convertito al cristianesimo e dichiarò la fede cristiana religione ufficiale del suo regno. Il fatto che lui avesse abbracciato il cristianesimo si comprovò estremamente nocivo per il vero cristianesimo. Costantino conservò i tradizionali titoli pagani, e le sue monete continuarono a portare l’effigie ed i nomi delle figure dei vecchi déi di Roma.
La Chiesa divenne “la Chiesa cattolica romana” ed i suoi metodi operarono un compromesso con il Paganesimo. Da allora il metodo della Chiesa cattolica romana di convertire i pagani al suo stile di culto è stato quello di assorbirli gradualmente, insieme alle loro osservanze idolatriche. La Chiesa si compiacque di aumentare il numero dei suoi membri includendo cristiani nominali e incontrando il paganesimo a metà strada. Vi furono valenti voci di protesta che amaramente lamentavano l’incoerenza di un simile approccio, ma le loro voci furono elevate invano.
La Chiesa cattolica romana ha continuato fino ad oggi questo tipo di approccio. Esso può essere rilevato molto bene nell’America centrale e meridionale, dove le statue degli idoli sono state semplicemente sostituite con quelle dei santi. Alcuni dei loro nomi e tradizioni si sono persino combinati. In quei paesi le chiese cattoliche si aprono spesso alla gente del luogo per celebrarvi i loro riti per il culto di divinità animiste.
Come dunque abbiamo ricevuto le nostre feste con le loro usanze e tradizioni (Natale, Pasqua, Ognissanti, e lo stesso carnevale)? Ciascuna di esse ha origine in Babilonia e prima attraverso Roma e poi grazie alla Chiesa cattolica romana diventa ufficiale. (nota personale: La festività del Natale fu scelta per soppiantare del Natale del Sole, paragonando Cristo al Sole nascente o Sol-Invictus.)
Era per questa stessa ragione che nella Ginevra di Calvino si poteva essere multati e persino messi in prigione per aver celebrato il Natale. Fu per richiesta dell’Assemblea di Westminster che il Parlamento inglese proibì l’osservanza del Natale, chiamandolo una festa pagana. In un’appendice al loro “Direttorio per il Culto pubblico di Dio”, i teologi di Westminster dicono: “Non c’è comando alcuno nelle Scritture a santificare sotto il Nuovo Patto, altri giorni se non il giorno del Signore. Altre cosiddette “feste comandate’ di tipo religioso, non avendo convalida alcuna nelle Scritture, devono essere abolite” (vedi pure James Bannerman, The Church of Christ, Vol. i, pagine 406-420).
Quando i cristiani riformati soprannominati puritani, andarono in America, stabilirono questa stessa legge. Gli abitanti della Nuova Inghilterra, il 25 dicembre 1620, lavorarono più del solito quel giorno, affinché la festività stessa fosse, sottoposta ad una “negligenza studiata”. 40 anni più tardi la Corte civile e penale del Massachusetts decretò persino delle punizioni per chiunque avesse osservato le festività natalizie: “…chiunque venga trovato ad osservare, astenendosi dal lavoro e festeggiando, tali giorni come il cosiddetto Natale, pagherà per questa trasgressione 5 scellini”.
Fino al 19° secolo il Natale non aveva rilevanza alcuna nelle chiese riformate. Nella Chiesa presbiteriana del sud degli USA, fino al 1900, nel giorno di Natale nemmeno si tenevano dei culti. La Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti, nel 1899, dichiarava: “Non c’è alcuna giustificazione biblica a che si debbano osservare come feste il Natale e la Pasqua, al contrario (vedi Ga. 4:9-11; Cl. 2:16-21) queste osservanze sono contrarie ai principi della Chiesa riformata, conducono ad un culto non prescritto e non sono in armonia con la semplicità dell’Evangelo di Gesù Cristo”.
Il riformatore John Knox ed i suoi colleghi, nel loro Primo Libro di Disciplina (1560) vi includeva questa affermazione:
  • Noi affermiamo che “Tutta la Scrittura è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia”. Affermiamo che i libri dell’Antico come del Nuovo Testamento contengono e ivi sono sufficientemente espresse tutte le cose necessarie all’istruzione della Chiesa e che possono rendere di nulla mancante l’uomo di Dio. Per questo noi vi leggiamo la condanna di tutte quelle leggi, decreti conciliari o costituzioni imposte sulle coscienze degli uomini prive di chiara convalida da parte della Parola di Dio, come: voti di castità, cerimonie di fidanzamento, il vincolare uomini e donne a vestirsi in un determinato modo, l’osservanza superstiziosa di giorni di digiuno, fare differenza fra le carni da mangiare per scrupolo di coscienza, la preghiera per i morti, l’osservanza di giorni festivi in onore di certi santi stabiliti come tali dall’uomo ed inventati dai papisti, come le cosiddette feste degli Apostoli, dei Martiri, delle Vergini, del Natale, della Circoncisione, dell’Epifania, della Purificazione, ed altre popolari feste in onore della Madonna. Proprio perché queste cose, nelle divine Scritture, non vengono in alcun modo né comandate né raccomandate, sentenziamo che esse vengano del tutto abolite da questo Regno. Affermiamo infine che coloro che si ostinano a mantenere ed insegnare tali abominazioni non dovranno sfuggire al castigo che infliggerà loro il Magistrato civile.
Qual è dunque la storia del Natale? Esso fu introdotto nella Chiesa secoli dopo il Nuovo Testamento, fu condannato dalla Riforma, ed è solo in questo secolo che esso è tornato ad insinuarsi nella Chiesa riformata.Quel che voglio dire, così, è che il vero Natale è sempre stato pagano, e renderlo una celebrazione cristiana significa aggiungere Cristo od altri elementi biblici ad una festa essenzialmente pagana.

II. La sua istituzione
dio babilonese
Consideriamo così alcune fra le usanze più familiari del Natale ed il loro significato. Ne prenderò solo alcune, ma vi assicuro che ciò che dirò di queste è vero pure di tutte le usanze natalizie, e vi incoraggio a verificarlo in qualsiasi enciclopedia.
Si prenda per esempio la data stessa del Natale, il 25 dicembre. Come probabilmente già saprete, nessuno conosce veramente quando nacque Gesù, e il 25 dicembre è molto improbabile. Perché allora il 25 dicembre? Perché è il periodo dell’anno in cui i giorni cominciano ad allungarsi di nuovo e quello in cui i Babilonesi celebravano la vittoria del loro dio Sole. (nota personale: Al 3000 A.C. risalgono le feste di celebrazione del Dio del Sole Babilonese Shamash, nel giorno corrispondente al nostro 25 dicembre. Il dio Sole Shamash, Utu in sumerico e Shamas in accadico, è una divinità popolare in tutta la storia della Mesopotamia; il suo nome si riferisce al Sole. Shamas è rappresentato da un disco solare. In Babilonia comparve successivamente il culto della Regina del Cielo (Isthar) e di suo figlio Tammuz, il dio creduto la reincarnazione del Sole. La nascita di questo Dio avveniva proprio durante il solstizio d’inverno: in questa veste di bambino a Babilonia il dio Sole Tammuz prendeva il nome di Yule e il Giorno di Yule veniva festeggiato il 25 dicembre. La dea Ishtar veniva rappresentata anch’essa avente tra le braccia il suo “unico figlio” con una aureola di dodici stelle intorno al capo, i 12 segni zodiacali. Il culto di Tammuz/Yule era talmente forte e diffuso che nella stessa Bibbia troviamo il profeta Ezechiele , nel VI secolo a.C, rimproverare le donne  di Gerusalemme perche’ piangevano la morte di Tammuz. “Allora mi condusse all’ingresso della porta della casa dell’Eterno, che è verso il nord; ed ecco, là sedevano donne che piangevano Tammuz. Quindi mi disse: «Hai visto, figlio d’uomo? Tu vedrai abominazioni ancora piú grandi di queste»” Ezechiele 8:14-15).  La copia romana di questa usanza babilonese veniva chiamata “Saturnali“, la festa della nascita di Sole (Sol-Invictus). Per secoli agli occhi dei cristiani questa era stata un’abominazione. Questa celebrazione avveniva con feste ed orge sfrenate. La Chiesa cattolica, però, invece di contrapporsi fermamente al paganesimo, cominciò a fare compromessi con esso. Desiderava “aiutare” i deboli giovani cristiani che non volevano abbandonare i divertimenti e l’allegria che caratterizzava questo solstizio di inverno. La chiesa, così, diceva loro: “Divertitevi pure in questa stagione, se volete. Soltanto ora la considereremo la celebrazione della nascita del Figlio di Dio. Invece di perdere la gente in favore del paganesimo, combineremo le due celebrazioni e gradualmente conquisteremo dei pagani al cristianesimo. Non costringiamo la gente a fare una scelta fra le due cose“.

Consideriamo poi la stretta associazione che sussiste per la Chiesa cattolica romana fra il Natale e la tradizionale “messa di mezzanotte”, usanza che affascina pure molti che non sono cattolici-romani. Gli antichi pagani attendevano la nascita del dio Sole in una simile veglia notturna. Nella lingua inglese il nostro “Natale” viene espresso con un termine che ricorda proprio questa speciale messa, il “Christmas”, la messa (“mass”) speciale in onore di Cristo. In tedesco si dice “Weinacht”, la notte santa, il concetto è identico. Qual è il significato della messa? Nel cuore stesso della messa, secondo la concezione cattolica-romana, c’è una palese negazione della sufficienza dell’espiazione sacrificale compiuta da Cristo. Nella messa si rinnoverebbe il sacrificio di Cristo per i peccati. Tutto questo, però, non è nulla di meno che rinnegare l’Evangelo (cfr. Eb. 9:12,24-26; 10:10,12,14). La Chiesa cattolica-romana ha molte di queste messe speciali, come quella della festa di S. Michele, ma è quella di Natale che ,molti protestanti sembrano avere conservato.
Che vi potrebbe poi essere di più innocente degli alberi di Natale decorati e luccicanti che troneggiano nelle case e persino in certe chiese durante la festa di Natale? Sapete perché noi abbiamo questa tradizione? Dai tempi più antichi gli alberi hanno giocato un ruolo importante nella religione pagana, ed erano persino adorati. I normanni, i celti ed i sassoni usavano gli alberi per tenere lontane le streghe, gli spiriti malvagi ed i fantasmi. In Egitto le palme erano prominenti, a Roma erano gli abeti. A causa di queste associazioni si intagliavano con cura degli idoli da questi alberi. Geremia così ammoniva il popolo di Dio: “Così dice l’Eterno: “Non imparate a seguire la via delle nazioni e non abbiate paura dei segni del cielo, perché sono le nazioni che ne hanno paura. Poiché i costumi dei popoli sono vanità: infatti uno taglia un albero dal bosco, il lavoro delle mani di un operaio con l’ascia. Lo adornano d’argento e d’oro, lo fissano con chiodi e martelli perché non si muova” (Gr. 10:2-4).

natività

 Persino la scena della natività, il tradizionale “presepio”, che alcuni considerano come “il più cristiano” dei simboli di Natale, è contaminato di influenze pagane. Quasi ogni forma di culto pagano che si conosca, derivata dai misteri babilonesi, focalizza l’attenzione dei fedeli su una dea madre e sulla nascita del suo bambino. Le diverse culture utilizzano nomi diversi, ma il concetto è uniformemente lo stesso. In Babilonia era il culto della Regina del cielo e del suo figlio Tammuz, il dio che si credeva incarnazione del Sole. La nascita di questo dio avveniva proprio durante il solstizio di inverno. Yule era il nome che in Babilonia portava questo bambino, e il giorno di Yule veniva celebrato il 25 dicembre, molto prima della nascita di Cristo. La prossima volta che vedrete una cartolina di Natale con su la scena del presepio, Maria e Gesù con un aureola sulla testa, ricordate che questo concetto cattolico-romano è stato preso a prestito dai misteri babilonesi, ed anche l’iconografia pagana antica presenta impressionanti somiglianze proprio con questa usanza “cristiana”. Ricordate, inoltre, che al credente viene fatta proibizione di farsi immagini religiose scolpite: “Non ti farai scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra” (Es. 20:4). Prendiamo seriamente questi comandamenti di Dio o pensiamo che siano superati o che possano venire “spiegati” facilmente? 

Babbo Natale

 Che dire poi di Babbo Natale, o S. Nicolao? Forse che qualcuno potrebbe negare che è questi che rappresenta “il vero significato del Natale” per la grande maggioranza della gente in occidente? Non mi addentrerò ora nelle molte storie che fanno risalire questa figura ad un santo cattolico-romano, ma che cosa rappresenta oggi? Egli è un inoffensivo, grasso e gioioso elfo, oppure è diventato il simbolo anti-cristiano dell’avidità, del materialismo, dell’egoismo, un espressione di “qualcosa per nulla”, “che ce ne ricavo io?”.

I genitori che raccontano ai loro bambini il mito di S. Nicolao mettono così in questione la loro propria credibilità di fronte ai loro bambini. Quando essi vi chiedono: “Babbo Natale può vedermi attraverso queste pareti?” Che rispondete? I nostri bambini dovrebbero essere in grado di sapere che possono aver fiducia di noi in tutto ciò che diciamo loro senza questione. Come potremmo aspettarci che ci credano quando insegniamo loro fin dall’infanzia “le sacre Scritture, le quali ti possono rendere savio a salvezza, per mezzo della fede che è in Cristo Gesù” (2 Ti. 3:15), e “il mistero della pietà: Dio è stato manifestato in carne” (1 Ti. 3:16)?
Tutto ciò che la nostra cultura crede di Dio è condensato in S. Nicolao! Egli è impegnato in un’attività bella ma piuttosto priva di significato per tutto l’anno. Egli esiste in qualche luogo là nel nord o nei boschi come un vecchio innocuo e amichevole con una lunga barba bianca. Egli visita la gente una volta l’anno, passando 364 giorni nell’oscurità. Un bambino potrebbe scrivergli al Polo Nord, ma la comunicazione è strettamente a senso unico. S. Nicolao non ha nulla a che fare con la vita di tutti i giorni. Il modo in cui un bambino può essergli gradito è quello di “essere buono”. S. Nicolao ci ammonisce sulle conseguenze dell’essere “cattivi”, ma quello che ci dice, in fondo, non avverrà mai. Il bambino sa di non essere stato perfetto, e sebbene incontrando questa figura, può avere una qualche ansia, egli si ricorda dell’anno passato e sa che non importa che cosa dirà S. Nicolao, alla fine egli sempre gli darà buone cose. S. Nicolao rappresenta un dio che minaccia l’uomo dell’inferno solo per “tenerlo buono” in questa vita, ma che alla fine, bene o male, accetterà poi tutti benevolmente. Se insegnate ai bambini il mito di S. Nicolao, senza saperlo date loro del materiale per far si che essi sviluppino un concetto non biblico del Trascendente.
Non è interessante che i giapponesi abbiano elevato S. Nicolao al rango di divinità e gli abbiano dato un posto uguale alle loro altre divinità della buona fortuna? Fa meraviglia che recentemente un teologo liberale abbia suggerito che S. Nicolao potrebbe ben essere considerato il primo santo veramente ecumenico? Questi afferma che una tale figura potrebbe riscuotere il consenso del pagano medio, del cattolico-romano medio, come pure del protestante: “Anche i buddisti ed i mussulmani che onorano questo vecchietto, potrebbero con lui e con noi fare un buon tratto di strada insieme… egli ha fatto molto per diffondere l’insegnamento che ‘è meglio dare che ricevere’ più di quanto mai abbia fatto un qualsiasi ecclesiastico nei passati mille anni!”Una simile affermazione la dice lunga, non è vero?
Non è forse molto positivo ricordarsi della nascita del Salvatore scambiandosi doni? Certamente non c’è nulla di non-cristiano nello scambio dei doni, ma non è forse vero che non c’è nessun altro aspetto del cristianesimo che abbia subito più di questo maggior perversione? “Spendiamo del denaro che non abbiamo per comprare doni di cui non abbiamo bisogno per fare impressione su gente che non amiamo”. Che presa in giro e che follia tutta questa frenesia per fare compere! Potrebbe forse qualcuno onestamente suggerire che ciò che avviene nelle nostre città intorno al 25 dicembre onora Gesù Cristo, colui che visse una vita di semplicità, umiltà e rinnegamento di sé stesso, che condannò l’ostentazione e l’auto-indulgenza, che ci insegnò che: “Fate attenzione …la vita di uno non consiste nell’abbondanza delle cose che possiede” (Lu. 12:15)? Eppure gente che afferma di essere cristiana spende cifre grandissime per i loro Natali, ed al tempo stesso offre molto poco per l’opera dell’Evangelo nel nostro paese o per le missioni. Non è forse vero che per il vero cristiano donare dovrebbe essere qualcosa che avviene per tutto l’anno e dovrebbe scaturire da un cuore che veramente ama, e non per dovere e aspettandoci qualcosa in cambio?
Che dire dei pranzi e delle cene “natalizie”, della baldoria, delle dissolutezze che avvengono in questo periodo dell’anno, apparentemente in connessione con la nascita di Gesù Cristo? Come mai gli alcolici sembrano scorrere a fiumi in questo periodo dell’anno? Perché vi sono più incidenti stradali in questo periodo che in tutti gli altri messi assieme? Potremmo pure cavillare sull’origine dell’albero di Natale e del presepio, ma una cosa è certa: se usate l’Incarnazione del nostro Signore come scusa per fare baldoria e dissolutezze di ogni genere, potrete star sicuri che a suo tempo raccoglierete la ferma ed inappellabile sentenza di condanna da parte di Dio. Ora la questione è questa: tutte queste parodie che circondano la stagione natalizia sono incoerenti con il vero significato del Natale, oppure è proprio questo il vero significato del Natale come è derivato dalla sua origine e storia.
Davvero poi le tradizioni che circondano il Natale sono così innocue? Sono poi così innocenti? Mah. Com’è che Satana potrebbe tentarci più efficacemente? Forse mettendoci di fronte a immagini orribili e grottesche che ci ripugnerebbero? Forse che ci assale in vicoli bui vestito di rosso, con la cosa ed il forcone dicendoci: “Ehi, sono il diavolo. Sono venuto per ingannarti e por portarti con me all’inferno?”. Naturalmente no. I mezzi che Satana usa sono sottili: si traveste da “angelo di luce” (2 Co. 11:14). Egli ci mette di fronte cose “innocenti”, “innocue”, “solo per divertimento”, cose che “così fan tutti”. I cristiani sinceri spesso senza che se ne accorgano sono trascinati nell’idolatria attraverso le tradizioni umane.
 
III. Le implicazioni
 
Da questa massa di materiale (e ne abbiamo solo grattato la superficie), tiriamone qualche conclusione. Come dobbiamo reagire come cristiani a tutto questo “Natale” con le sue tradizioni multiformi? Come io la vedo, abbiamo solo tre alternative:
 
    1. Possiamo fare del nostro meglio per “restituire Cristo al Natale”continuare a combattere la battaglia perduta per ricuperare qualcosa di remotamente cristiano da questa festa del tutto pagana. Dobbiamo però chiederci: “Voglio mettere Cristo in una celebrazione pagana?”. Dobbiamo allora affrontare la questione di base: “Che cos’è il Natale?”, che cos’è veramente? Quando è iniziato e che cos’è stato storicamente?
    2. Possiamo cercare di separare interamente il Natale da Cristo. Possiamo considerarlo come una sorta di festa cultural-popolare, osservando che gli elementi pagani in esso siano così remoti storicamente, che queste tradizioni sono state in qualche modo purgate dalla loro idolatria. Questo sarebbe più coerente, ma c’è ancora un problema: i vostri amici non cristiani e la società ancora vagamente associano il Natale con la nascita di Cristo e presumono che, dato che siete cristiani, voi partecipate a questa celebrazione della nascita di Gesù. I cristiani nelle culture primitive hanno avuto questo problema per anni. Essi vengono esortati a partecipare ai riti pagani come una sorta di retaggio culturale, distanziandosi però dalle loro origini idolatriche. Però: riescono ancora a conservare una testimonianza cristiana in tutto questo?
    1. La sola altra alternativa è di abbandonare interamente il Natale. Io sono convinto che questa sia l’unica via coerente che possa essere presa. Ho sentito più volte dire: “Nessuno è sempre coerente”. Certo, nessuno è sempre coerente con i propri punti di vista. Questo fatto, però, non ci solleva dall’obbligo di essere coerenti il più possibile, ubbidire ad ogni comando scritturale che noi comprendiamo. “Questo però non è forse una presa di posizione troppo drastica?”. Si, molto drastica, ma se vogliamo contrapporci alla marea sempre più invadente del paganesimo moderno, lanciarci una sfida, sono necessarie misure drastiche. “Ma non è una proposta un po’ troppo radicale?”Si, ma la fede cristiana è una fede radicale.
     
    “Ma non corro il rischio di essere così considerato un fanatico?”. Probabilmente. Quella sarebbe un’esperienza nuova, non è vero? A nessuno piace essere considerati fanatici. C’è qualcosa di sbagliato nel fanatismo. A nessuno piace la persecuzione. Pensate però quanta poca persecuzione noi si debba affrontare come cristiani. Non è forse perché non siamo coerenti? Non c’è forse qualcosa di sbagliato quando la nostra fede e la nostra condotta non disturba il mondo più di quel tanto? Se facciamo compromessi a questo punto, perché non facciamo compromessi anche in altri campi, ed in altri ancora? Noi cristiani spesso ci domandiamo perché oggi non siamo perseguitati. La conclusione a cui spesso raggiungiamo è che saremmo perseguitati, se fossimo veramente fedeli. Perché il mondo non ci odia? È perché non sfidiamo più il suo modo di essere e di pensare, perché non presentiamo più che cosa invece dovrebbe essere il cristianesimo. Il mondo ha sostituito l’Evangelo con una religione cultural-popolare.
    Martin Lutero disse: “Se io professo con voce alta ed esposizione chiara ogni porzione della verità di Dio eccetto precisamente quel punto che il mondo ed il diavolo in questo momento stanno attaccando, io non confesso Cristo, per quanto arditamente possa professare Cristo. Là dove infuria la battaglia è proprio là che si prova quanto il soldato sia valente, ed essere coerente nelle retrovie soltanto significa sfuggire dalle nostre responsabilità”.
    “È difficile fare questo veramente!”. Si, lo è, senza alcun dubbio. La tradizione natalizia è così radicata nella nostra società – e anche nel nostro cuore – da rendere particolarmente difficile nuotare contro corrente. La questione non è però: “È difficile?”, ma “È giusto?”. Le cose giuste non sono sempre facili. Cristo ci ha promesso che seguirlo non sarebbe stato facile. Quando la vita cristiana è facile come la nostra, è inevitabile che in qualche punto essa sia sbagliata.
    Quali sono allora le ragioni positive per volere cancellare del tutto la festa del Natale? La prima è che i nostri antenati nella fede, i primi cristiani, cercavano accuratamente di evitare di essere coinvolti nelle celebrazioni natalizie. Era così perché si attenevano alla Parola di Dio come unica regola infallibile di fede e di pratica. La Confessione di Fede di Westminster dice: “L’intero consiglio di Dio riguardo alle cose necessarie alla propria gloria, la salvezza dell’uomo, la fede, e la vita, è o espressamente presentato nelle Scritture, o può essere da esse dedotto come conseguenza buona e necessaria. Ad esse non si dovrà aggiungere nulla, né per rivelazioni dello Spirito, o per tradizione umana” (1,6). “Il modo accettevole per rendere culto a Dio è stato stabilito da Dio stesso, e così limitato dalla Sua propria volontà rivelata, che Egli non potrà essere adorato secondo le immaginazioni e gli artifici dell’uomo, o i suggerimenti di Satana, sotto una qualsiasi rappresentazione visibile, o in modi non prescritti dalle Sacre Scritture” (21:1).
    Gesù disse dei Farisei: “Trascurando infatti il comandamento di Dio, vi attenete alla tradizione degli uomini: lavatura di brocche e di coppe; e fate molte altre cose simili… annullando così la parola di Dio con la vostra tradizione, che voi avete tramandata. E fate molte altre cose simili” (Mr. 7:8,13). Paolo tristemente così scriveva ai Galati: “Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni. Io temo di essermi affaticato invano per voi” (Ga. 4:10,11). Egli non li condannava per seguire quelle istituzioni comandate da Dio, ma per osservare quelle di fattura umana, contrarie alla legge di Dio. Per molti oggi la festa principale delle osservanze religiose è una celebrazione senza alcun supporto biblico.
    Pensate che mi piaccia tanto dire queste cose? A nessuno piace essere come Ebenezer Scrooge del racconto di Dickens oppure come quello gnomo malvagio che faceva di tutto pur di privare la gente …della gioia del Natale. La vera questione è solo questa: È biblico ciò che ho detto fin ora? È coerente con la Parola di Dio? Se non lo è, allora potete anche non considerarlo. Se però lo è, allora dovreste considerarlo attentamente e metterlo in pratica. Potreste, è vero, a questo punto, non concordare con la mia interpretazione delle Scritture, potreste non essere d’accordo con la mia valutazione del contesto storico e dell’attuale situazione. Potrei anche sbagliarmi. Non sono infallibile. Ciò che però dovete fare con un messaggio come questo è ciò che fecero i cristiani di Berea nel libro degli Atti: “Or costoro erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica e ricevettero la parola con tutta prontezza, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se queste cose stavano così” (At. 17:11). Dovete valutare apertamente, onestamente e realisticamente queste argomentazioni da voi stessi e giungere ad una conclusione. Non siete responsabili verso il predicatore, ma verso Dio.
    Le Scritture mettono in evidenza il contrasto che ci deve essere fra il cristiano ed il mondo. Oggi largamente non lo si tiene più in considerazione. “Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui” (1 Gv. 2:15)“Perciò uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d’immondo, ed io vi accoglierò” (2 Co. 6:17). “E non vi conformate a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la buona, accettevole e perfetta volontà di Dio” (Ro. 12:2). L’idea è: non lasciate che il mondo vi imponga la sua lista, non lasciate che il mondo vi dica a quale passo andare o che stabilisca lui i criteri di giudizio. Il cristiano è nel mondo, ma non deve essere del mondo. Egli è cittadino di un altro paese, uno straniero ed un pellegrino quaggiù. Non tiene il passo con i suoi compagni, perché ascolta il ritmo indicato da un altro comandante.
    Ciò che voglio mettere in evidenza è il fatto che non potete avere un Natale cristiano. Gli aspetti religiosi sono laparte peggiore del Natale. Non c’è illustrazione più appropriata nel Natale del contrasto esistente fra la religione cultural-popolare e la fede biblica. Il Natale propone un’imitazione dell’Evangelo che di fatto impedisce al mondo di comprendere che cosa sia veramentel’Evangelo. Il Natale presenta un Evangelo alternativo con il quale il mondo può ben convivere. Per il mondo il messaggio cristiano è semplicemente “amore, pace, lo spirito del donare, il sentimento di buona volontà”. Questo “Evangelo” spogliato è in grado di fornire al mondo la sua dose di pseudoreligione che non gli permetterà di comprendere il vero Evangelo.
    Il mondo ama il Natale perché il Natale promuove un’immagine sentimentale di un bambino in una mangiatoia. Il Natale non rappresenta veramente chi è Gesù. Il Natale è l’unico momento in cui una persona fondamentalmente empia possa sentirsi per un po’ religiosa. La maggior parte della gente ama fare di tanto in tanto qualcosa di religioso per mettersi in pace la coscienza e convincere sé stessi che in fondo non sono dopo tutto delle cattive persone. Il Natale concede loro l’opportunità per pensarlo. Alla maggior parte dei pagani non disturba partecipare per un po’ allo spirito natalizio. Questo perchè è possibile avere lo spirito natalizio ma senza avere lo Spirito Santo, senza avere realmente la mente di Cristo.
    La stessa popolarità acquisita dal Natale dovrebbe far drizzare le antenne al cristiano e metterlo in guardia contro di esso. Tutti possono celebrare il Natale con cuor contento! I pagani confessi, i cristiani nominali, persino i buddisti possono associarsi a questa celebrazione. Se, in realtà, il 25 dicembre fosse una data stabilita da Dio affinché la osservassimo, potete stare sicuri che il mondo non vorrebbe osservarla. Dopo tutto Dio ha comandato affinché si osservasse come festivo un giorno su sette. Il mondo lo osserva forse? Naturalmente non ne vuole sapere di osservarlo come Dio richiede. Il mondo lo ignora totalmente. Non dovrebbe il cristiano avere dei sospetti su una celebrazione che il mondo peccatore accetta senza farsi problema alcuno? Vi sono moltitudini di persone che continuamente infangano il Giorno del Signore, ma in qualche modo hanno grande zelo nell’essere in Chiesa a Natale.
    La questione cruciale per un cristiano è la Signoria di Gesù Cristo. “Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale voi avete da Dio, e che voi non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo, glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, che appartengono a Dio” (1 Co. 6:19,20). Siete disposti sinceramente a pensare su questa questione tutto ciò che Dio desidera che voi pensiate? Siete disposti, se necessario, a fare un drastico cambiamento nel vostro modo di pensare e di agire? È a questo punto che insorge il vero conflitto.
    Ho udito molte persone che su questo argomento dicono: “No, non voglio leggere nulla al riguardo. Non ne voglio parlare. Voglio avere il mio Natale qualunque cosa se ne possa pensare. Mi piace e nessuno me lo porterà via” (Dio incluso). È allora che il Natale diventa un idolo. Un idolo è qualunque cosa venga fra voi e Dio; qualunque cosa vi rifiutate di rinunciare, anche con il Suo comando. Esortazioni generiche alla rinuncia non incidono tanto sulla nostra vita. Il discepolato concreto, però, è l’unica cosa che conti perché tocca proprio le cose che ci importano. La questione reale è: potete sinceramente dire al Signore Iddio: “Sia fatta la Tua volontà sulla terra com’è fatta in cielo, la Tua volontà, oh Signore!
     

    “E se vi pare cattiva cosa servire l’Eterno, scegliete oggi chi volete servire, o gli dèi che servirono i vostri padri di là dal fiume, o gli dèi degli Amorei, nel cui paese voi abitate; quanto a me e alla mia casa, serviremo l’Eterno».”
    (Giosué 24:15)

     

    Il carnevale

     

    Caratterizzato da colori e schiamazzi, il carnevale è considerata la festa dell’allegria per eccellenza. Uomini di ogni ceto sociale si recano a balli in maschera e sfilate variopinte, cercando di liberare la fantasia e di catturare un po’ di felicità. Lo scherzo “vale” ed il commercio che vi è connesso raggiunge il suo apice; vengono acquistati vestiti da indossare solo per qualche giorno, poi, come ogni anno, rimangono soltanto piazze e strade da ripulire. Oltrepassando pragmatiche e superficiali considerazioni, pro o contro il carnevale, occorre chiedersi da dove esso provenga e di quali concetti religiosi o valori morali sia portatore.


    Le origini del carnevale

    Certamente non è facile indagare sulle origini di una festa come il carnevale, le cui tracce storiche nessuno ha potuto o voluto realmente conservare. Non è possibile nemmeno fare luce sui diversi aspetti che ne caratterizzano i festeggiamenti, in quanto, nel corso dei secoli e in realtà geografiche diverse, il carnevale si è arricchito di sfumature sempre nuove.
    L’etimologia del termine “carnevale” risale, con ogni probabilità, al latino carnem levare, espressione con cui nel Medioevo si indicava la prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne a partire dal primo giorno di Quaresima, vale a dire dal giorno successivo alla fine del carnevale, sino al “giovedì santo” prima della Pasqua. Il carnevale infatti, nel calendario liturgico cattolico-romano si colloca necessariamente tra l’Epifania (6 gennaio) e la Quaresima. Le prime testimonianze documentarie del carnevale risalgono ad epoca medievale (sin dall’VIII sec. ca.) e parlano di una festa caratterizzata da uno sregolato godimento di cibi, bevande e piaceri sensuali. Per tutto il periodo si sovvertiva l’ordine sociale vigente e si scambiavano i ruoli soliti, nascondendo la vecchia identità dietro delle maschere.

    I festeggiamenti culminavano solitamente con il processo, la condanna, la lettura del testamento, la morte e il funerale di un fantoccio, che rappresentava allo stesso tempo sia il sovrano di un auspicato e mai pago mondo di “cuccagna”, sia il capro espiatorio dei mali dell’anno passato. La fine violenta del fantoccio poneva termine al periodo degli sfrenati festeggiamenti e costituiva un augurio per il nuovo anno in corso. Nelle varie manifestazioni carnevalesche è possibile individuare un denominatore comune: la propiziazione e il rinnovamento della fecondità, in particolare della terra, attraverso l’esorcismo della morte. Il periodo carnevalesco coincide più o meno con l’inizio dell’anno agricolo, un chiaro indizio che permette di collegare direttamente il carnevale alle feste greche di impronta dionisiaca (le feste in onore di Dionisio, dio greco del vino, caratterizzate dal raggiungimento di uno stato di ebbrezza ed esaltazione entusiastica, che sfociavano in vere e proprie orge), e a quelle romane dei Saturnali (solenne festa religiosa, che si celebrava in onore del dio Saturno e durante la quale si tenevano cerimonie religiose di carattere sfrenato e orgiastico, che prevedevano tra l’altro la temporanea sospensione del rapporto servo-padrone). Lo stretto rapporto esistente tra queste feste e alcuni costumi del carnevale è evidente, anche se ignorato dai più. In tempi recenti gli storici hanno insistito maggiormente sull’origine agraria e sociale del carnevale. Esso è irrisione dell’ordine stabilito e capovolgimento autorizzato, limitato e controllato nel tempo e nello spazio dall’autorità costituita. In altre parole la festa del carnevale era vista dalle classi sociali più agiate come un’ottima valvola di sfogo concessa ai meno abbienti allo scopo di garantirsi il protrarsi dei propri privilegi. Non meno interessante è l’origine e la valenza demoniaca di alcune tra le maschere carnevalesche più famose e antiche, come quella nera sul volto di Arlecchino o quella bipartita (bianca e nera) di Pulcinella. Studi sul significato psicologico della volontà di indossare una maschera hanno mostrato che l’irresistibile attrazione esercitata dal carnevale sta proprio nella possibilità di smettere di essere se stessi per assumere le sembianze e il comportamento della maschera. Questa scelta, quando non è condizionata da fattori economici, rivela interessanti, e talvolta inaspettati, aspetti psicologici di una persona. Queste brevi note storiche, lungi dall’esaurire l’argomento, vogliono far riflettere il lettore sulla reale origine del carnevale e sull’impossibilità per ogni cristiano, separato dalle usanze del mondo e consacrato a Dio, di lasciarsi coinvolgere sia pure dal minore di questi aspetti.

    Il Carnevale visto come manifestazione sociale

    Il Carnevale è la celebrazione del travestimento: di quella promiscuità ribelle che sovverte l’ordine naturale e morale stabilito da Dio: “La donna non si vestirà da uomo, e l’uomo non si vestirà da donna poiché il Signore, il tuo Dio, detesta chiunque fa queste cose” (De.22:5). La condanna è estesa ad ogni licenza dalla propria identità spirituale e dalle responsabilità etiche (So.1:89).

    Il Carnevale è il riconoscimento di quella ambiguità che, confondendo realtà e apparenza, verità e finzione, mira ad offuscare quella lucidità e giusta inibizione necessarie ad onorare Dio (Is.5:20,22; Ro.13:12-14). Per diversi credenti basta un disincantato: “non c’è nulla di male…” per rendere implicita l’approvazione di Dio in faccende che non Lo riguarderebbero. Il Carnevale è espressione di una allegrezza abbinata alla volgarità, in contrasto con la gioia cristiana (Ro.14:17, Ef.5:3,4), di una satira dissacratoria completamente in contrasto con la Parola di Dio, che non insegna lo scherno delle autorità, bensì a pregare per esse (I Ti.2:12). Il Carnevale è l’esaltazione sfrenata del godimento fine a sé stesso; tale festa costituisce, tuttavia, più che un’innocente divertimento, uno dei tanti “diversivi” che, con la scusa di fugare noia, tristezza e desideri repressi, allontana le coscienze dalla sana preoccupazione per la condizione dell’anima dinanzi al Giudizio divino (Is.30:9-11; Lu.16:19,25; I Pi.4:3,7).


    Il Carnevale visto quale evento religioso

    Il Carnevale ha perduto nel tempo certe punte di pura stregoneria, ma sotto il manto della baldoria “scaccia pensieri”, la sostanza dell’esorcismo “scaccia spiriti” non è scomparsa; esso è comunque una ricorrenza pagana, con tutto il suo fardello di contraddizioni inconciliabili con lo spirito e l’opera di Cristo (II Co.6:14-16). Il “carnevale religioso” rivisita un rituale che disonora l’unica propiziazione riconosciuta da Dio (I Gv.2:12). La simbologia cattolica delle ceneri ripropone una prescrizione mosaica superata dall’efficacia purificatoria del sacrificio di Gesù Cristo (Eb.9:11-14). Il Carnevale insegna un falso riscatto spirituale, promuovendo il peccato volontario in prospettiva di un “pentimento programmato”.

    Conclusione

    Come cristiani desiderosi di vivere secondo la volontà di Dio, non vogliamo vivere secondo il sistema che vige nel mondo: “E non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la volontà di Dio, la buona, accettevole e perfetta volontà” (Ro.12:2, I Pi.1:14).

    Come genitori siamo inoltre chiamati ad istruire i nostri figli nella volontà di Dio, anche se veniamo considerati delle persone che non sanno rimanere al passo con i tempi, poiché la nostra preoccupazione non è quella di rimanere indietro con la società, ma di seguire Gesù Cristo il Signore in ogni cosa.


    (si ringrazia P. Tarantino per il testo dell’articolo) Dio ci benedica pace in Cristo Gesu’ dal vostro fratello Daniele

    http://vocechegrida.ning.com/profiles/blogs/il-carnevale

    Una religione e Cristo: due cose diverse!


    Il tempio di Gerusalemme
    Vorrei che provaste ad immaginare il grande e glorioso tempio di Dio che si trovava a Gerusalemme. Era collocato dove ora sorge la moschea islamica di Omar in un’area chiamata appunto “la spianata del tempio”. Era un edificio splendido e glorioso dove Dio aveva scelto di rivelare la Sua presenza. Era luogo di pellegrinaggio di innumerevoli fedeli che provenivano da ogni dove per pregare, per offrire a Dio sacrifici, e per udire la Parola di Dio proclamata. Potete assomigliarlo con la marea di pellegrini che si recano a Roma, o a qualsiasi famoso santuario cattolico-romano. Quello era il centro del culto di Israele, un luogo di estrema importanza. Distrutto alcune volte dai nemici di Israele, ancora oggi gli ebrei conservatori sognano di ricostruirlo, dopo aver cacciato, naturalmente, i mussulmani, per loro degli estranei, degli intrusi, che essi pure hanno fatto del luogo un centro molto importante della loro fede. Ebrei, Mussulmani ed anche certi cristiani: uomini religiosi che si contendono – anche con la violenza – un “santo” luogo di culto e che ritengono importante celebrare lì i loro riti e le loro cerimonie.

    Gesù, nemico della religione?

    Matteo 21,12
    Immaginate però il tempio di Gerusalemme nel massimo del suo splendore, al tempo di Gesù di Nazareth. Al tempio Gesù era stato portato nella sua prima infanzia per essere presentato a Dio, com’era tradizione. Al tempio era stato portato quando Gesù aveva 12 anni e lì aveva discusso con i teologi ed i sacerdoti. Ecco però Gesù che, trentenne, nel pieno della Sua missione come Figlio e inviato di Dio, torna a Gerusalemme. Che fa? Onora con la Sua presenza un luogo importante? Viene per fare un devoto pellegrinaggio come tutti gli altri e a portare sacrifici di animali? Applaude alle personalità religiose ivi presenti? Davvero? Ascoltate: “Poi Gesù entrò nel tempio di Dio, ne scacciò tutti coloro che nel tempio vendevano e compravano, e rovesciò le tavole dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombi. E disse loro: Sta scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di orazione ma voi ne avete fatto un covo di ladroni. Allora vennero da lui nel tempio ciechi e zoppi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, viste le meraviglie che egli aveva fatto e i fanciulli che gridavano nel tempio dicendo: Osanna al Figlio di Davide!, ne furono indignati, e gli dissero: Senti tu ciò che questi dicono?. Gesù disse loro: Si! Non avete mai letto: “Dalla bocca dei bambini e dei lattanti, tu ti sei procurato lode”(Mt. 21:12-16).
    Avete udito? Gesù contesta radicalmente il tempio e la religione che vi si pratica, dà dei brutti titoli a coloro che gestivano il culto, e ne caccia via i presenti. Non era la prima volta che Gesù si opponeva alle pratiche religiose del suo tempo, si opponeva ai sacerdoti ed ai teologi, ed essi lo chiamano empio e bestemmiatore, come pure complottano per ucciderlo.
    Si, Gesù pare contestare radicalmente i luoghi e le pratiche religiose, Lui, il Figlio di Dio. Gesù  dimostra essere un temibile sovversivo e un riformatore, un “disturbatore della quiete pubblica” e delle pratiche religiose. E’ vero: nel Suo tempo Gesù veniva considerato un “nemico della religione”, e la fede cristiana stessa una “pericolosa setta”. Se leggiamo accuratamente il Nuovo Testamento potremmo dire che c’era e c’è una netta contrapposizione fra Gesù e la religione in genere. Non avete mai considerato Gesù da questa prospettiva?

    Una contrapposizione sempre valida 

    Una persona a cui volevo parlare un giorno del Signore e Salvatore Gesù Cristo, mi rispose: “Io non sono una persona religiosa e la religione non mi interessa”. E io sapete che cosa gli ho risposto: “Neanch’io sono una persona religiosa e neanche a me interessa la religione: mi piacerebbe solo che lei potesseconoscere Gesù Cristo!”…
    Un’altra volta dissi questa frase: “Io non sono qui per insegnarvi una religione: io sono qui per accompagnarvi a conoscere il Signore e Salvatore Gesù Cristo, e fra le due cose c’è una grande differenza”. Quest’affermazione li lasciò – come potete immaginare – piuttosto perplessi: Gesù Cristo e la religione non sono forse la stessa cosa? No, e questo desidero che comprendano tutti coloro ai quali mi rivolgo: “Io non voglio che voi diventiate religiosi, ma che diventiate autentici discepoli di Cristo”.
    Tutto dipende – evidentemente – da che cosa si intende per “religione”. Si, perché se si guarda bene che cosa si intende oggi generalmente per religione e lo si confronta con il messaggio di Cristo, ebbene, un credente che voglia veramente seguire Cristo dirà: “La mia non è una religione ma un genuino modo di vivere e di pensare”!

    Ogni religione “si assomiglia”

    religioni

    Quali sono – ci domandiamo – le caratteristiche della religione, di una qualsiasi religione?

    Si, in un certo senso, ogni religione “si assomiglia” e non mi sorprende che alcuni oggi, da una parte, ed è anche logico vogliano mettere tutte insieme le religioni in un unico “abbraccio ecumenico” (o economico, si perché sarebbe anche questione di fare economia), e dall’altra vi siano persone che con tutto questo non vogliano avere a che fare: queste non le biasimo!
    Quanto vi ho descritto e che i più considerano “normale” e che gli uni seguono devotamente e gli altri respingono magari in blocco, da quando ho conosciuto il Signore e Salvatore Gesù Cristo, ebbene …mi interessa relativamente poco…tutto questo non mi attira quasi per niente. Non sono però – evidentemente – diventato ateo… ma ho scelto una terza via, quella di Cristo. Io non seguo una “religione”, seguo una Persona, il Signore Gesù Cristo.
    Voglio seguire la via di Cristo, quella autentica, e questa via la trovo scarsamente compatibile con ciò che di solito si intende per religione. Sono riuscito a confondervi le idee?

    C’è di più…

    Voglio apposta ora rincarare la dose: secondo la Bibbia, l’inferno sarà pieno di persone religiose che avevano pensato di guadagnarsi il paradiso con riti, pratiche religiose o alle proprie condizioni. Saranno gente che credeva in Dio (anche il diavolo crede in Dio, e lui forse più di tutti, ma questo non lo salva), gente che era andata in chiesa, in sinagoga o alla moschea per tutta la loro vita senza aver mai scoperto la vera differenza fra la religione e Cristo.
    I profeti dell’Antico Testamento dicevano che tutto il culto giudaico era inutile. Gesù aveva detto ad un uomo molto religioso che era venuto a trovarlo che lui doveva “nascere di nuovo”, cioè rivedere radicalmente tutto il suo modo di essere! L’apostolo Paolo, andando in missione ad Atene, aveva osservato: “Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi…” (At. 17:22). E come pensate avesse proseguito il suo discorso? Forse dicendo: “…e quindi non c’è nessun bisogno che io vi parli della religione cristiana, io me ne andrò altrove…”No, aveva annunziato loro il Salvatore Gesù Cristo, nella convinzione che tutta la religiosità del mondo non sarebbe valsa a salvarli. Lo stesso Paolo aveva detto ai suoi fratelli in fede ebrei che essi avevano zelo per Dio, ma nessun rapporto con Cristo, la cosa che per lui contava di più….
    Riassumendo… sin dall’inizio dei tempi, il vero bisogno dell’uomo non è quello di “religione” ma di un Salvatore. Qualcuno ha detto: “Cristo è venuto nel mondo per salvare gli uomini da due cose: dal peccato e dalla religione. Certamente è molto più difficile salvare la gente religiosa, perché a causa della loro religione, essi ritengono di non avere bisogno di un salvatore”.

    Qual è la differenza?

    Gesù

    Nel testo biblico che abbiamo letto all’inizio, chiamato come “la purificazione del tempio” notate la sostanza della contrapposizione fra Gesù e la religione.

    1. La “casa” di Dio. In primo luogo la “casa” di Dio, il luogo dove Egli può essere incontrato non è più un “tempio” costruito da mani d’uomo. Quando, in un brano parallelo, Gesù dice: Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo ricostruirò”, Egli “parlava del tempio del suo corpo” (Gv. 2:19,21). Si, Dio non si incontra in un luogo fisico o in un rito religioso, ma si incontra nella Persona di Gesù.
    2. Nel contesto di un rapporto. Gesù poi dice: “La mia casa sarà chiamata casa di orazione”, cioè di preghiera. La preghiera non è una filastrocca rituale da recitare, preghiera vuol dire entrare in un vivo rapporto personale e avere colloquio con Dio. Non incontreremo Dio in gesti rituali e celebrazioni in un luogo sacro, ma stabilendo un rapporto personale con il Signore e Salvatore Gesù Cristo.
    3. Non un commercio. Stabiliti questi due punti, notate che Gesù dice: “…voi ne avete fatto un covo di ladroni”. La concezione popolare della religione crede che con Dio si possa fare un commercio: io ti do qualcosa e tu mi dai il tuo favore, la tua benedizione, le tue grazie. Io ti do le mie imposte di chiesa, io ti do la mia presenza a qualche culto, io ti do la celebrazione di qualche rito, io ti do qualche buona azione, ecco qualcuno che può garantire per me e tu, o Dio, mi dai …il paradiso, la salvezza eterna! “Ladroni!”dice Gesù a chi crede così di comprare Dio, di corrompere Dio, di “rubare” a Dio, e li scaccia dalla Sua presenza! Se non è così, qual è il giusto atteggiamento?
    4. I “poveri”. Notate il versetto seguente: “…allora vennero da Lui nel tempio ciechi e zoppi ed Egli li guarì” (14). Notate già questo: “vennero da Lui”. Qualcuno ode, qualcuno comprende, qualcuno “riforma la sua religione”, qualcuno va. Dove? Dai sacerdoti, a fare un sacrificio, a fare dei gesti religiosi? No,“vennero da Lui”, cioè da Cristo. Avevano capito!!!! E chi va da Lui? I ricchi, gli orgogliosi, i religiosi? No! I“ciechi e gli zoppi” cioè i miseri, i poveri! Chi si rende conto della propria miseria e bisogno, chi sa di non aver nulla da offrire a Dio in cambio della salvezza, e lo ammette. Va da Lui per ricevere guarigione e salvezza chi dice: “Io rinuncio a qualsiasi preteso merito che possa vantare davanti a Dio. Rinuncio a pensare che qualche pratica religiosa mi possa servire, perché Tu, o Signore me lo hai fatto capire. Sono un misero peccatore da sempre. Non vengo a Dio nel mio nome, ma nel nome di Cristo. Io credo che Egli è il Figlio di Dio ed il Salvatore. Io accetto che Egli paghi per me ciò che io non potrò mai pagare per comprarmi la salvezza! Io ho messo in Cristo soltanto la mia fiducia affinché Lui mi salvi. Vado da Cristo a mani vuote, Gli confesso la mia miseria. Affido a Lui tutta la mia vita. Lo seguo!”. E qual è la risposta di Gesù: “Ed egli li guari!”. Capite? … Ma, meraviglia delle meraviglie: notate anche che cosa succede dopo!
    5. I bambini. Qualcuno grida nel tempio! Chi è? I sacerdoti ed i fedeli scandalizzati? Forse, ma c’è qualcuno che nel Tempio grida ancora più forte. Chi? I bambini! I fanciulli! Oh, questo non è casuale. Gesù aveva sempre detto che “dei bambini è il regno dei cieli”. Anche loro non sono certo i tipi da far commercio con Dio, ma sono proprio loro che capiscono che cosa sta accadendo e cantano: “Osanna al Figlio di Davide!”. Che dice il versetto? “Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, viste le meraviglie che egli aveva fatto e i fanciulli che gridavano nel tempio dicendo: Osanna al Figlio di Davide!, ne furono indignati e gli dissero: Senti tu ciò che questi dicono?. Gesù disse loro: Si! Non avete mai letto: “Dalla bocca dei bambini e dei lattanti, tu ti sei procurato lode” (15,16). Si, il Regno di Dio è per coloro che come bambini sono pronti ad accogliere il dono di grazia che Iddio fa a ciascuno nella Persona di Gesù Cristo. Accogliere Cristo spontaneamente, con disponibilità, senza complicazioni, senza “pensare di essere chissà chi”, senza accampare pretese o meriti. “Così qual sono”, dice  un inno cristiano.
    Ecco perché la fede cristiana non è seguire una religione: è seguire una persona, il Signore Gesù: Gesù Cristo è Qualcuno da conoscere e di cui avere fiducia.
    Egli vuole esserci vicino, ha autorità per aiutarci, per perdonarci, per dichiararci giusti, per portare noi a Dio e Dio a noi, per includerci nella Sua volontà, per guidarci, per insegnarci, per essere il nostro esempio. Egli non ci lascerà mai soli, di Lui ci possiamo fidare. Egli ci può difendere. Egli intercede per noi. Egli ci fortifica. Egli può rispondere alle nostre emozioni. Egli può partecipare al nostro dolore, darci gioia, pace, speranza, amore. Gesù ha provato l’amore di Dio per noi perché per noi è morto, per noi è risorto dai morti. Egli può vivere la nostra vita in noi, portarci fino al cielo, assicurarci la salvezza. Cristo può fare questo, non “una religione”.

    E la religione?

    Certo la bibbia contiene pratiche religiose che servono o per indirizzarci verso Dio oppure per fornirci un modello per esprimere il nostro rapporto con Lui. Sia l’Antico che il Nuovo Testamento sono colmi di leggi religiose, di princìpi, di articoli di fede, di rituali. Se pensiamo alla religione come un’azione o una condotta che ci conduce a credere in Dio, ad aver rispetto per Lui e desiderio di compiacerGli, allora è buona. Essa serve come modello di dottrina e di fede, è un’esperienza condivisa, è l’espressione esteriore di una fede interiore.
    La religione però è priva di valore se noi dipendiamo da azioni esterne per “essere a posto” con Dio. Sia prima che dopo la salvezza, non c’è alcuna quantità di conoscenza o di azioni religiose che ci possa salvare. La conoscenza e l’azione possono solo fornirci il modo per esprimere la nostra  personale fede in Cristo. E’ in questo senso che dobbiamo evitare ogni tentativo di “comprarci Dio”, ogni illusione di perfezionarci da soli, qualunque cosa che dispiaccia a Cristo.
    La religione è pericolosa, non perché sia cattiva, ma perché spesso è sufficiente per farci rivolgere ad altre cose diverse da Cristo. La nostra tendenza è infatti quella di mettere da parte la fiducia in ciò che Cristo può fare per noi e sostituirla con ciò che noi riteniamo di poter fare per noi stessi.

    Conclusione

    salvezza

    Attenzione dunque, non inganniamo noi stessi pensando che “una religione” ci salvi. Rituali, cerimonie, leggi, pratiche religiose, una conclamata moralità, di per sé stessi non ci possono salvare davanti a Dio. Il Signore Gesù era contro questa religione: per questo ha cacciato dal tempio “i venditori”. La fede cristiana è un modo di pensare e di vivere radicalmente diverso da ciò che una qualsiasi religione o non-religione ci suggerisca.

    Quello che conta è il nostro personale rapporto con Colui che Dio ha mandato come artefice della nostra salvezza temporale ed eterna: il Signore Gesù Cristo. Abbandonando ogni pretesa ed ogni “commercio” con Dio, affidiamoci a Lui con fiducia ed ubbidienza, lasciamoci cambiare da Lui come Suoi fedeli discepoli: questo è ciò che più conta.
    di Paolo Castellina 

    ” E questo dobbiamo fare, consci del momento cruciale: è ora ormai che vi svegliate dal sonno; perché adesso la salvezza ci è piú vicina di quando credemmo. La notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. “
    (Romani 13:11-12)

    NATALE: tradizioni o fede?

    Viviamo in un mondo corrotto e malvagio, nel quale c’è iniquità senza limiti; non c’è più freno al male, e noi cristiani siamo chiamati a essere santi, perché il Padre nostro, il Dio onnipotente, è santo. In mezzo a tanta iniquità, abbiamo un gran bisogno di luce, di verità, di fondamenta solide. Dice il Signore: «Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove» (II Corinzi, 5:17), dunque noi che abbiamo accettato il Cristo siamo delle nuove creature in Gesù. Per lui abbiamo rinunciato alla nostra vecchia vita, al vecchio modo di vivere e di ragionare e in noi ogni cosa è diventata nuova. «Questa è opera del Signore, è cosa meravigliosa agli occhi nostri» (Salmi, 118:23).  Questa è una vita veramente degna di essere vissuta, ed è straordinaria; ma non è alla portata delle capacità umane: è la vita di Dio in noi, vissuta per mezzo della fede. Dio ci esorta a vivere la nuova vita, che non è più condizionata dalle tradizioni degli uomini, alle quali eravamo legati e nelle quali vivevamo come tutti gli altri. Adesso non abbiamo più necessità né motivo di vivere quel tipo di vita, perché Gesù vive in noi, ed è diventato la nostra vita. Ora siamo liberi! Gesù è morto e risorto per dare a noi la libertà: la libertà da tutti i peccati, dalle convenzioni sociali e dalle tradizioni umane che condizionano gli uomini, travisano la parola di Dio, la Verità, causando gravi danni. La fine dell’anno è un periodo di festeggiamenti di vario genere. È bene che noi consideriamo queste feste alla luce della Parola di Dio, perché “la verità vi farà liberi” dice Gesù (Giovanni, 8:32). Conoscere la verità è l’unico modo che ci permette di essere veramente liberi dai condizionamenti eretici e pagani. La vita nel Signore Gesù è meravigliosamente bella, una vita di gioia, una vita di pace, ma deve essere anche una vita senza compromessi, una vita pura, perché il Signore chiede un cuore puro. Ogni cuore puro, cioè il cuore di ogni credente nato di nuovo, desidera sicuramente conoscere la volontà di Dio e anche farla, perché sa che questa è la parte e la benedizione che Dio gli ha assegnata.

    IL NATALE 
    natività
    Il “Natale” è la festa che secondo la tradizione religiosa si celebra il 25 dicembre e commemora la nascita di Gesù. Prima di entrare nell’argomento, vediamo nella Sacra Scrittura come viene descritta la nascita di Gesù. «In quel tempo uscì un decreto da parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l’impero. Questo fu il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno alla sua città. Dalla Galilea, dalla città di Nazaret, anche Giuseppe salì in Giudea, alla città di Davide chiamata Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre erano là, si compì per lei il tempo del parto; ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. In quella stessa regione c’erano dei pastori che stavano nei campi e di notte facevano la guardia al loro gregge. (…) Quando gli angeli se ne furono andati verso il cielo, i pastori dicevano tra di loro: “Andiamo fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto, e che il Signore ci ha fatto sapere”. Andarono in fretta, e 2 trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Luca, 2:1-8 e 15-16). Come si può notare, la nascita del Signore Gesù è descritta con grande semplicità. Altra questione: non si conosce la data reale della sua nascita. Per convenzione la si festeggia il 25 dicembre, anche se ormai praticamente tutti sono concordi sul fatto che Gesù non è nato in quella data. Il 25 dicembre cadeva però la festa pagana del solstizio d’inverno, una ricorrenza importante per gli antichi romani, che in quel giorno celebravano la festa del dio Sole. Una festa molto radicata, di quelle particolarmente sentite dal popolo. Quando, nel IV secolo, l’Imperatore romano Costantino impose il Cristianesimo come religione di stato, si dovettero abolire le varie feste pagane; chiaramente, però, non era possibile eliminare improvvisamente tradizioni secolari. E allora si decise di mantenere la festa, tramutando semplicemente il suo nome e il suo significato: al popolo non interessava tanto il significato della festività, purché gli venisse concesso di far festa. Così nacque il “Natale”. Quanti festeggiano quel giorno perché credono che è veramente nato Gesù? Oggi come allora, quello che conta è trovare un motivo per banchettare e divertirsi! Il 25 dicembre è cambiato il nome della festa, ma a ben guardare lo spirito è rimasto sempre quello pagano. Non sono questioni banali, ma cose molto serie, perché il Natale – cioè la nascita del nostro Signore – è avvenuta veramente: ma Gesù non è rimasto bambino, dopo la nascita ci sono state anche la morte e la resurrezione. Per un credente, la vera festa della natività del Signore Gesù è il momento in cui si converte: il momento in cui egli lo accetta nel proprio cuore che, come il luogo in cui Gesù è venuto al mondo, è proprio una stalla, nella quale è necessario che il Signore faccia una grande pulizia. Gesù Cristo si è calato così in basso da venire ad abitare nei nostri cuori; sta scritto che quando è nato Gesù, gli angeli del cielo hanno fatto festa. Anche quando qualcuno accetta Gesù – e cioè quando Gesù nasce nel suo cuore -, c’è grande festa per gli angeli nei cieli (Luca, 15:10). Quando qualcuno accetta per fede Gesù nel proprio cuore c’è, sì, luce: ma non è quella delle lampadine intermittenti, è la luce dello Spirito di Dio che si cala in lui, è la gloria di Dio che scende su lui. Ed è una grande festa: una festa che non finisce, una festa continua, eterna. Possiamo ben dire che noi festeggiamo la nascita di Gesù. Dal giorno che lo abbiamo accettato, c’è festa perenne nei nostri cuori! Anche nelle difficoltà, anche nella sofferenza, c’è festa; perché i travagli che affrontiamo su questa terra sono limitati nel tempo, e finiranno presto, mentre il premio e la gioia che Dio ci ha riservato nel cielo sono eterni. Guardando quindi in alto, quelli che sono “nati di nuovo”, non sentono più la necessità di abbassare lo sguardo su ciò che deve scomparire, ma tengono gli occhi puntati al cielo, e in questa maniera possono festeggiare. A volte capita che qualcuno chieda: «Qual è il giorno del festeggiamento della nascita di Gesù per te?» La risposta è: «Oggi! Perché dal giorno in cui abbiamo accettato Gesù nella nostra vita, noi siamo entrati nel giorno eterno, siamo entrati nell’Oggi che non finisce mai, che è Gesù». Però non è vero che noi Cristiani non festeggiamo la nascita del Signore: festeggiamo eccome! Certo, lo facciamo in un altro modo, e perciò non veniamo travolti da ciò che accade intorno a noi, dalla frenesia da cui la gente viene presa in questo periodo: tutti corrono, e sono tesi, angosciati, preoccupati, impegnati a fare compere, preparare regali, doni, a programmare ricchi pranzi, festeggiamenti… C’è uno spirito dietro a tutto questo, e a volte si è fatto chiamare lo spirito del “Natale”. Ma, badate bene, non è lo spirito di Dio, perché Dio non ha comandato tutto questo, né ci chiede di farlo. Indubbiamente tutti noi che abbiamo accettato Gesù nel nostro cuore abbiamo comunque una gran libertà: «Uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente» (Romani, 14:5). Così, chi per festeggiare tiene particolarmente a un giorno, lo fa per il Signore: quindi se qualcuno desidera consacrare una giornata per lodare Dio, in particolare per qualche ricorrenza spirituale, lo faccia pure! Gloria a Dio! Dio guarda al cuore e non alle apparenze. Anche se, per parte nostra, non abbiamo più necessità di restare vincolati alle tradizioni o a particolari ricorrenze, perché Dio ci ha liberato da ogni condizionamento terreno e ci ha donato la sua pace.
    IL PRESEPE 
    presepe
    Parliamo ora del Presepe, tradizione collegata al festeggiamento del Natale. Il Presepe nasce dall’intento di fare qualche cosa di buono, dal desiderio di rappresentare gli avvenimenti, i fatti della nascita di Gesù. Ma questo uso è stato introdotto da Francesco d’Assisi appena intorno al tredicesimo secolo, e quindi ben 1200 anni dopo la nascita di Gesù. Perciò parecchio tempo dopo i fatti in questione! Dio non ha mai insegnato nulla del genere. Scrive l’apostolo Giovanni: «Iddio è spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità» (Giovanni, 4:24).Noi non abbiamo nessuna necessità di rappresentarci gli avvenimenti: dobbiamo realizzarli interiormente, farli diventare parte integrante della nostra vita. Non devono rimanere festeggiamenti esteriori! Devono essere parte di noi, in Gesù noi li viviamo, e nel giorno che abbiamo accettato Gesù questa è diventata la nostra vita. Sì, la nostra vita: e non il festeggiamento di un giorno e basta, o peggio, una semplice manifestazione esteriore. Per il resto, queste raffigurazioni sono solo vanità, perché Dio è spirito! Leggendo della nascita di Gesù, abbiamo visto che il Signore è venuto a nascere in una stalla; potrebbe essere stata anche una grotta, di certo era un ricovero per gli animali. Non abbiamo però letto di nessun animale: e vorrei ben vedere quale scellerato genitore metterebbe un figlio neonato davanti al muso di un bue o di un asino! Questa è un’altra fantasia senza fondamento.Essa si trova continuamente riproposta nel presepe e intende raffigurare molte cose che dovrebbero ricondursi a questa nascita, ma che poi in ogni luogo raffigurano semplicemente tradizioni locali. Quindi, si può dire che nel presepio risulta una nascita di Gesù che cambia a seconda dei luoghi. Dio, invece, non cambia a seconda delle località; Dio è lo stesso: ieri, oggi e in eterno; ed è in tutti i luoghi. Dio non cambia, Dio è “Colui che è”, e gloria a Dio per questo, perché così abbiamo un punto di riferimento preciso, fermo, che non muta secondo le circostanze e secondo i secoli, le usanze o le convenienze, come fa la religione. Dio è eterno, stabile, è una realtà sulla quale possiamo contare, che non cambierà dall’oggi al domani, o secondo le voglie degli uomini; è per questo che possiamo appoggiarci su Dio senza timore di essere confusi. È meraviglioso appoggiarsi su Dio! Ma Dio è spirito, e coloro che l’adorano è necessario che l’adorino “in spirito”, senza immagini (Giovanni 4:24). D’altronde, perché si imbastiscono queste rappresentazioni se poi non hanno da servire? Molti, per giustificare questi usi, affermano: “È solamente per ricordare il giorno e l’avvenimento, ma non hanno una importanza spirituale”. E allora, se non sono importanti, a cosa servono? Perché si dovrebbero continuare? No, non è vero che non significano niente! Questi usi hanno il loro significato spirituale, anche se si vuole far credere che non è vero. Questi usi si tramandano con un certo spirito, e incidono sullo spirito delle persone che li praticano! Nel testo dei dieci comandamenti è scritto: «Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il Signore, il tuo Dio, sono un Dio geloso» (Esodo, 20:4-5). Non farti immagini sacre! Tu sei stato fatto all’immagine di Dio, lascia dunque che Dio continui ad ammodellarti, non fare ciò che gradisci tu! Lascia che Dio faccia il bene attraverso di te e non fare da te, perché in quel caso non sarà più la volontà di Dio, ma la tua volontà, o la volontà di qualcun altro, comunque non più la volontà di Dio. E visto che l’unica santa e giusta volontà è la volontà di Dio, allora è bene che segui questo insegnamento: non ti fare scultura o immagine alcuna come dimostrazione di cose spirituali, perché le cose spirituali non le puoi rappresentare. Non le puoi rappresentare, certo: ma le puoi realizzare! È questo che abbiamo necessità di fare: realizzare Gesù Cristo in noi, le verità spirituali, le realtà celesti! «Siccome non vedeste alcuna figura il giorno che il Signore vi parlò in Horeb dal fuoco, badate bene a voi stessi, affinché non vi corrompiate e vi facciate qualche scultura, la rappresentazione di qualche idolo, la figura di un uomo o di una donna (…) affinché (…) tu non ti senta attratto a prostrarti davanti a quelle cose e a offrire loro un culto» (Deuteronomio, 4:15-16 e 19). Quando Dio si è manifestato agli uomini, nel giorno che ha parlato a Mosè sul monte Horeb, nel pruno ardente, non si è vista alcuna figura. Si è sentita la voce, e ancora oggi Dio parla a chi ascolta con il cuore; ma si è solamente “udito”, non si è “vista” nessuna figura. Fateci caso: perché questo? Perché l’uomo non abbia a cadere in inganno. Dio ci conosce, sa quanto siamo fragili, come siamo portati a materializzare tutto, a farci delle rappresentazioni che possiamo toccare con le nostre mani. Ma Dio non vuole questo. In questa maniera, infatti, noi sviliamo Dio! Come possiamo pensare di rappresentare in qualche maniera Dio e le realtà celesti? Mosè, uomo di Dio, non ha visto figure di uomini, né di donne, né di nessun altra specie quando Dio si è manifestato, e neanche oggi Dio si manifesta in per mezzo di figure. Dio parla al cuore, per mezzo dello Spirito. Ogni volta, inevitabilmente, avviene che l’uomo parte con dei buoni propositi, ma dove va a finire? Finisce ogni volta per inchinarsi davanti a queste cose. Cioè, poco a poco, inavvertitamente, queste rappresentazioni diventano sacre. Ecco il guaio: la debolezza umana è sempre stata questa! I pagani che vivevano intorno a Israele praticavano cose simili. E noi uomini “moderni” non siamo cambiati: in tutte le epoche siamo sempre gli stessi, con le stesse debolezze, con gli stessi desideri. I popoli facevano queste cose, e Dio ha detto di non farle, perché facendole si cade nel laccio del diavolo e, facendo come fanno tutti gli altri, anche noi cristiani diventiamo dei pagani. È questo il pericolo: diventare anche noi dei pagani, eretici, idolatri: ossia, dopo aver incominciato per lo spirito, finire per la carne! Capite bene che è un pericolo grave, sul quale Dio ci mette in guardia, insegnandoci e mostrandoci la Via. Ogni cuore sincero non ha problemi ad applicare il suo insegnamento; anzi, questo è il suo desiderio, la sua gioia, la sua necessità, la sua allegrezza! 
    L’ALBERO DI NATALE
    albero di natale
    Altra tradizione particolarmente sentita è quella dell’albero di Natale. Adornare un abete, cospargerlo di neve finta, farlo brillare con tante lampadine, dà un senso di allegrezza, di festa. Tutto vero: ma Dio è lungimirante, e ci rivela i pericoli che non si vedono. Dio desidera che noi comprendiamo che queste tradizioni sono espressione di realtà spirituali, realtà che non si riesce a vedere con gli occhi né a comprendere con il ragionamento. La tradizione dell’albero di Natale fu importata dai paesi del Nord. Le popolazioni nordiche, pagane, adornavano gli abeti per un rito magico di propiziazione, perché il nuovo ciclo annuale della natura fosse loro favorevole. Il pino e l’abete erano alberi dedicati a un demone. Qualcuno forse direbbe un dio, ma in realtà si tratta di un demonio, un idolo pagano. Questa tradizione natalizia fu introdotta per prima in Germania, e appena nel 1611: quindi, in tempi non tanto lontani. E prima, dov’era? Cosa succedeva prima? Allora a rigor di logica per più di un migliaio d’anni, visto che queste cose non si facevano, il festeggiamento era incompleto? Satana gioca sulle debolezze umane, e come ha tentato Gesù stesso, continua a farlo tanto più con noi, introducendosi dove trova uno spiraglio. E non gli serve nemmeno tanto; basta che vediamo quanto gli è servito per far cadere Eva e Adamo: una parola. Non è servito nient’altro se non che lei prestasse attenzione al ragionamento di Satana: il diavolo non ha chiesto nient’altro. Il risultato è stato la catastrofe dell’umanità. Satana sicuramente non dice: “Guarda che sono il diavolo, con le corna, con la coda, con gli zoccoli”! Viene invece come un angelo di luce (II Corinzi, 11:14), come un ragionamento buono, una bugia a fin di bene, una magia bianca, una favola per rallegrare i bambini, perché la loro fantasia venga stimolata creativamente, ecc.; questo è il metodo con cui Satana entra! Si sente dire in più occasioni: “Lo facciamo per i bambini, per rendere allegra la festa!” E’ invece quella dei bambini è solo una scusa: sono i grandi ad aver bisogno e a trovare divertimento in tutto questo. Questa tradizione tanto innocente, si diceva, sotto sotto ha una radice velenosa: ci sono dei legami di spiriti immondi, demoni che provocano e agiscono perché queste cose vengano introdotte nella realtà cristiana. È possibile amalgamare il santo con il profano? È possibile per noi vivere due vite differenti in una sola volta? E’ possibile servire due padroni? No, non è possibile.
    BABBO NATALE
    babbo natale
    Nell’ambito di questi festeggiamenti troviamo un’altra figura di fantasia: Babbo Natale. In altre parti del mondo lo chiamano Santa Klaus o “Nonno gelo”; tutti seguono le stesse forme, coloro che lo chiamano San Nicolò, Babbo Natale o Santa Klaus: le stesse vesti, le stesse pratiche, gli stessi festeggiamenti, i doni per i bambini, lo stesso alone magico. Anche questa tradizione non è cristiana, anch’essa ha origini nordiche, ed è di recente introduzione. Questo personaggio da favola, con slitta volante, renne, doni per i bambini buoni eccetera, è completa espressione della tradizione pagana. Lo vediamo vestito con paramenti religiosi, ma non ha alcuna attinenza con la nascita del nostro Signore Gesù e con la Sacra Scrittura. Infatti «Gesù disse loro: Ben profetò Isaia di voi ipocriti, com’è scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me. Invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti d’uomini» (Marco, 7:6-7). Questi costumi e queste tradizioni sono solo apparenza. Tutto ciò non ha nulla in comune con la nascita di Gesù. Noi abbiamo bisogno di una sola persona: Gesù. Abbiamo necessità di vivere Gesù, di immergerci giorno dopo giorno in lui, di vivere la sua vita partecipando a ciò che lui è, perché “Egli è colui che è”, e noi abbiamo necessità di partecipare a questa eternità, non a rappresentazioni teatrali. Dio non ha mai insegnato cose simili, anzi ci mette in guardia: guardatevi dalle tradizioni degli uomini, io non le ho comandate!  
    LA BEFANA
    befana

    Un’altra tradizione legata a questo periodo di “feste” consumistiche è quella della Befana. Il termine corretto è Epifania, letteralmente “apparizione, o manifestazione”, di Gesù, si intende, ai magi d’Oriente, e quindi al mondo. Anche questa ricorrenza è stata degradata dalla tradizione secolare a una rappresentazione pagana. Il soggetto dell’evento è passato dall’adorazione dei re magi all’arrivo della Befana, una strega, impersonata da una vecchietta, brutta, gobba, con la scopa, ecc., che vola – anche lei – e porta regali per i bambini! Fateci caso: anche Babbo Natale è per i bambini. Si vuole far credere che i bambini ne hanno un gran bisogno. Ma questo invece è un tentativo di corruzione della purezza e della semplicità dei bambini. Gesù ha detto: «Lasciate che i bambini vengano a me, e non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro» (Luca, 18:16). Sono gli adulti, con la loro mente sofisticata (corrotta), a inquinare la purezza dei bambini con queste tradizioni. I nostri figli non hanno bisogno di queste panzane! Hanno bisogno che parliamo loro di Gesù Cristo, della Verità, che leggiamo loro la parola di Dio, che raccontiamo loro quello che Dio insegna: la nascita di Gesù, i suoi miracoli, le sue parabole, la sua crocifissione e la sua risurrezione. Loro hanno bisogno di conoscere Gesù, il suo amore, la sua potenza salvifica. Hanno bisogno di conoscere la grandezza di Dio, del Dio che ha liberato Israele dalla schiavitù d’Egitto, che lo ha tirato fuori dalla deportazione di Babilonia; di cosa è accaduto attraverso il suo servo Mosè, il suo servo Davide, i profeti; hanno bisogno di conoscere come ha operato e opera per mezzo dei suoi apostoli e dei suoi servi. Di questi racconti biblici i nostri figli hanno bisogno! Perché questo è pane, acqua, vita! I bambini, i figli che Dio ci ha dato, hanno bisogno di conoscere la Parola di Dio, non di queste rappresentazioni magico-pagane. I bambini hanno bisogno di purezza, luce, verità, e soltanto in Gesù possono trovarle; noi adulti abbiamo in amministrazione la loro educazione. Siamo noi genitori che abbiamo la responsabilità davanti a Dio di dare loro del cibo sano e non inquinato o avvelenato. La befana, questo personaggio fiabesco, frutto della fantasia popolare, sorto peraltro appena nel Medioevo – e quindi in un’epoca abbastanza recente -, non trova alcun riscontro nella parola di Dio: quindi è totalmente pagano e diabolico. Nella Bibbia non si trova traccia della Befana, come del resto di Babbo Natale.  

    SIATE SANTI

    santo

    «Insegna al fanciullo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà» (Proverbi, 22:6). Di questo hanno bisogno i nostri figli! Insegniamo loro questa condotta! «Questo libro della legge non si allontani mai dalla tua bocca, ma meditalo giorno e notte; abbi cura di mettere in pratica tutto ciò che vi è scritto; poiché allora riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai» (Giosuè, 1:8). Questo libro (la Bibbia) insegna ai tuoi figli, questo libro metti in pratica, e non dare loro immondizia pagana! «Quando sarai entrato nel paese che il Signore, il tuo Dio, ti dà, non imparerai a imitare le pratiche abominevoli di quelle nazioni» (Deuteronomio, 18:9). Non imitare queste pratiche pagane, sono abominevoli agli occhi di Dio, sono impurità della gente del paese che vive intorno a te, non imparare queste cose da loro, medita sulla parola di Dio giorno e notte, e purificati! «…Affinché essi non v’insegnino a imitare tutte le pratiche abominevoli che fanno per i loro dèi, e voi non pecchiate contro il Signore, Dio vostro» (Deuteronomio, 20:18). Dio ci mostra la strada giusta, ci insegna la Via: non seguite ciò che fa la gente intorno a voi, non vi lasciate trasportare. A volte non è facile, ma Gesù ci ha avvertito che la porta è stretta e la via è angusta. Il Signore avverte che sarà salvato soltanto chi avrà resistito fino alla fine, senza scendere a compromessi, restando fermo nella verità, costi quel che costi. Chi non è disposto a pagare tutto quello che è necessario, anche il prezzo della propria vita (quanto più qualsiasi amicizia, parentela, proprietà o altro), vuol dire che non ama Dio sopra ogni cosa: Dio invece ci chiama proprio a questo, ad amarlo sopra ogni cosa, e quindi a restare fedeli a lui, senza badare a ciò che potrà accadere. Da quando il Signore Gesù dimora nel tuo cuore, hai la vita eterna, questa è la promessa di Dio. Non vuoi rinunciare a ogni altra cosa per ottenere questo? Dio ti chiede proprio questo. Non è detto che sarà facile: però è necessario. E se tu sei deciso a seguire il Signore Gesù nel suo insegnamento e sei determinato a fare così come lui ti insegna, allora sarà lui a provvedere il necessario per farti riuscire, perché colui che è con te è più forte di colui che è tuo avversario. Non ti preoccupare, sarà il Signore a provvedere perché tu riesca a farlo: in te però ci deve essere la determinazione di volerlo fare a ogni costo. Poi non sarà la tua forza a farti riuscire, ma sarà Dio che opererà in tuo favore, perché tu hai lui e quello che fai lo fai per essere fedele a lui. «Questo dunque io dico e attesto nel Signore, che non vi conduciate più come si conducono i pagani nella vanità dei loro pensieri, con l’intelligenza ottenebrata, estranei alla vita di Dio» (Efesini, 4:17-18). Non comportatevi più come gli inconvertiti, come coloro che ancora non hanno accettato Gesù nel loro cuore, coloro che vivono intorno a voi, e dei quali dovete essere la luce, il punto di riferimento, l’esempio, perché anche loro hanno bisogno della verità. Voi avete la verità. Non conducetevi più come gli altri, perché altrimenti loro non vedranno più niente di speciale in voi, anche voi sarete tenebre come loro. Ma se siete in Cristo e rimanete nella Verità, voi brillerete, sarete differenti, e loro vedranno in voi la Verità. Sarà così che avranno l’occasione di potersi convertire, di ricevere la testimonianza, di poter anche loro ricevere la vita eterna. Ma voi dovete essere luce. Perciò siate fedeli, voi siete nuove creature. Continuando a leggere, troviamo scritto: «Ma quant’è a voi, non è così che avete imparato a conoscere Cristo (…), avete imparato, per quanto concerne la vostra condotta di prima, a spogliarvi del vecchio uomo che si corrompe seguendo le passioni ingannatrici; a essere invece rinnovati nello spirito della vostra mente, e a rivestire l’uomo nuovo che è creato all’immagine di Dio nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità» (Efesini, 4:20 e 22-24). Ecco la verità: la strada è questa, voi credenti avete imparato, voi avete ricevuto. Non comportatevi più come i pagani, rivestite l’uomo nuovo e vivete la nuova vita riflettendo l’immagine di Dio. Non più tradizioni pagane. Non vi lasciate trascinare come piccoli fanciulli dietro a menzogne diaboliche. Gesù, che avete accettato, è la verità, voi avete la verità nel vostro cuore, non avete più necessità di menzogne, anzi, avete proprio necessità di liberarvi dalle menzogne che questo mondo corrotto vi offre. «Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati. Camminate nell’amore, come anche Cristo vi ha amati e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio, quale profumo di odore soave (…) Nessuno vi seduca con vani ragionamenti: poiché è per queste cose che l’ira di Dio viene sugli uomini ribelli. Non siate dunque loro compagni; perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce (…) esaminando che cosa sia gradito al Signore. E non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele» (Efesini, 5:1- 2, 6-8, 10-11). Questo è ciò che Iddio offre a coloro che gli appartengono. «E Colui che siede sul trono disse: Ecco, io faccio nuove tutte le cose. Poi mi disse: Scrivi, perché queste parole sono fedeli e veritiere» (Apocalisse, 21:5). Ogni cosa è stata resa nuova nella vostra vita dal giorno in cui avete accettato Gesù Cristo. Vivete questa nuova vita che è Cristo Gesù. Avete rinunciato alla vostra vita, l’avete rifiutata? Avete necessità di fare proprio questo. Gesù è la nuova vita: la vostra non è più la vita di prima, è una nuova vita, che si rinnova giorno dopo giorno, momento dopo momento, seguendolo. Non desiderate le cose che vi stanno attorno, siate benedizione e fonte di arricchimento per quelli che vi stanno attorno.